Negli ultimi anni, i farmaci a base di Semaglutide, commercializzato con il nome di Ozempic, e Tirzepatide hanno rivoluzionato il trattamento del diabete di tipo 2 e della gestione del peso. Inizialmente sviluppati per migliorare il controllo glicemico nei pazienti diabetici, questi medicinali hanno dimostrato effetti significativi anche sulla perdita di peso, attirando l’attenzione della comunità scientifica e generando un acceso dibattito tra esperti. L’impatto sulla salute pubblica, le implicazioni mediche e gli effetti a lungo termine sono temi al centro delle più recenti ricerche.

Ozempic, ovvero il Semaglutide, è un agonista del recettore GLP-1, un ormone incretinico che regola la secrezione di insulina, rallenta lo svuotamento gastrico e contribuisce a una riduzione significativa dell’appetito. Tirzepatide, invece, agisce in modo più ampio perché stimola sia il recettore GLP-1 sia quello del GIP, il polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente. Questa duplice azione sembra garantire un controllo glicemico più efficace e un impatto ancora maggiore sulla riduzione del senso di fame. Secondo uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine, Tirzepatide si è dimostrato superiore al Semaglutide nel favorire la perdita di peso e nel migliorare la risposta insulinica nei pazienti trattati.

Uno studio apparso su Nature Medicine ha evidenziato come i farmaci GLP-1, inclusi Semaglutide e Tirzepatide, non solo migliorino il controllo glicemico ma offrano anche benefici cardiovascolari e renali. La ricerca ha mostrato che i pazienti trattati con Tirzepatide hanno sperimentato una perdita di peso maggiore rispetto a quelli che assumevano Semaglutide. Il dottor Ziyad Al-Aly, autore principale dello studio, ha dichiarato che “questi farmaci stanno ridefinendo la gestione dell’obesità e delle malattie metaboliche, offrendo un’opzione terapeutica che potrebbe rivoluzionare la medicina dell’assetto metabolico. Stiamo assistendo a una nuova era nel trattamento di condizioni croniche associate al sovrappeso”.

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Nonostante i risultati promettenti, alcuni esperti hanno sollevato dubbi riguardo ai potenziali effetti collaterali di questi trattamenti. Il Centro Lotta Infarto ha pubblicato un’analisi in cui sottolinea come entrambi i farmaci abbiano un ruolo chiave nella gestione dell’obesità e dell’insufficienza cardiaca a frazione di eiezione preservata, ma allo stesso tempo avverte che è necessaria una maggiore comprensione dei loro effetti a lungo termine. Secondo il dottor Matteo Capuano, endocrinologo e ricercatore, “il Semaglutide ha mostrato un profilo di sicurezza accettabile, ma il rischio di nausea, disturbi gastrointestinali e altre reazioni avverse non è trascurabile. Tirzepatide, tuttavia, sembra ridurre alcuni di questi effetti, rendendolo una potenziale evoluzione in termini di tollerabilità”.

D’altro canto, un’inchiesta pubblicata su Altroconsumo ha evidenziato le criticità legate a possibili effetti indesiderati, tra cui pancreatite, ostruzione intestinale e un aumento del rischio di retinopatia nei pazienti diabetici. Il dottor Andrea Lavezzi, esperto in farmacologia clinica, ha messo in guardia sull’uso improprio di questi farmaci al di fuori dell’indicazione per il diabete: “L’entusiasmo per il loro utilizzo nella perdita di peso non deve farci dimenticare che si tratta di medicinali con effetti sistemici rilevanti. L’uso senza una supervisione attenta potrebbe portare a conseguenze impreviste, soprattutto in soggetti sani o sovrappeso che non necessitano di una terapia farmacologica”.

L’emergere di farmaci come Tirzepatide, con un profilo di effetti collaterali più contenuto rispetto al Semaglutide, sta portando a una riflessione profonda sul futuro delle terapie dietologiche tradizionali. Se le promesse sulla riduzione degli effetti avversi fossero confermate, potrebbe venir meno la necessità di diete estreme come la Very Low-Ketogenic Diet (VLKD) o la Very Low Energy Ketogenic Diet (VLEKT), che fino a oggi rappresentavano una delle poche alternative strutturate per la perdita di peso significativa nei pazienti obesi. Queste diete, pur avendo dimostrato efficacia, richiedono un’adesione rigorosa e spesso non sono sostenibili nel lungo periodo.

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Se la scienza dovesse confermare che il Tirzepatide offre una riduzione del peso simile a quella di queste diete, ma senza il carico di restrizioni alimentari e il rischio di perdita muscolare associato alle diete chetogeniche estreme, il paradigma della gestione dell’obesità potrebbe cambiare radicalmente. Questo porterebbe a un ripensamento non solo delle strategie nutrizionali, ma anche del ruolo dei medici nutrizionisti e dietologi, che dovrebbero ridefinire il loro approccio in un mondo in cui la farmacologia offre soluzioni sempre più raffinate e sicure per il controllo del peso.