La crescente diffusione della malattia di Alzheimer (AD) rappresenta una preoccupazione di portata globale, amplificata dall’invecchiamento della popolazione. Con l’assenza di una cura definitiva, la prevenzione attraverso uno stile di vita sano emerge come una strategia fondamentale. Recenti ricerche si sono focalizzate sull’efficacia di diversi approcci dietetici, tra cui la dieta mediterranea, DASH, MIND, chetogenica e la combinazione di dieta mediterranea e chetogenica.

Nonostante alcune divergenze nei risultati, emerge una tendenza chiara: le diete a base vegetale mostrano un impatto positivo nella prevenzione dell’AD e delle demenze correlate. Questi benefici derivano non solo dalla diretta influenza degli alimenti sul cervello, ma anche dalla loro capacità di ridurre i fattori di rischio associati, come diabete, obesità e malattie cardiovascolari. La ricerca sottolinea anche il ruolo significativo dei fattori psicosociali, come il sostegno sociale, che influenzano sia le scelte alimentari che lo stile di vita, e quindi il rischio di sviluppare l’AD.

Attualmente, oltre 55 milioni di individui in tutto il mondo soffrono di demenza, una condizione caratterizzata da una graduale perdita di funzioni cerebrali che influisce sulla memoria, sul pensiero e sulla capacità di svolgere attività quotidiane. Entro il 2030, ci si aspetta che la popolazione anziana a livello globale supererà il miliardo, aumentando così il rischio di malattie neurodegenerative. Nel mentre la ricerca scientifica continua a cercare una cura definitiva per l’AD, la prevenzione attraverso la dieta si configura come una delle strategie più promettenti. Le prove scientifiche indicano che l’attività fisica regolare e una dieta equilibrata possono ridurre in modo significativo il rischio di sviluppare l’AD, rendendo fondamentale la comprensione dei legami tra alimentazione, stile di vita e salute cerebrale.

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Alzheimer e sonno

Non solo. Un recente studio condotto da un team di ricercatori della Binzhou Medical University in collaborazione con scienziati svedesi ha esplorato il ruolo cruciale del sonno nel contesto delle patologie neurodegenerative, in particolare l’Alzheimer. La ricerca, condotta su un gruppo di roditori in laboratorio, ha rivelato una correlazione significativa tra la mancanza di sonno adeguato e danni cerebrali localizzati nell’ippocampo, una regione fondamentale per l’apprendimento e la memoria. Per esaminare questa connessione, i ricercatori hanno indotto l’insonnia nei roditori e, dopo due giorni, hanno testato la loro capacità di navigare in un labirinto e di apprendere nuove informazioni. 

Insomma il sonno può essere considerato un “campanello d’allarme” cruciale per la salute cerebrale. Questo processo fisiologico svolge un ruolo essenziale nella pulizia del cervello da proteine ​​dannose. È ben noto che la mancanza di sonno è associata a processi di infiammazione neurologica e all’aumento di ormoni dello stress, come il cortisolo. Numerosi studi hanno evidenziato il pericolo di un aumento cronico e prolungato del cortisolo. Nel contesto specifico dell’Alzheimer, molte ricerche hanno dimostrato un legame tra la durata del sonno e l’accumulo della proteina Beta Amiloide, ritenuto uno dei fattori causali dell’Alzheimer, nelle regioni cerebrali fondamentali per la memoria. 

Alzheimer e alimentazione
La letteratura scientifica fornisce evidenze solide sull’efficacia di determinate diete nella prevenzione e nel rallentamento delle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e le demenze correlate (ADRD). Tra le diete più promettenti spiccano la dieta mediterranea (MedD), l’approccio alimentare DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension), la dieta MIND e la versione modificata della dieta mediterranea (MMKD). Queste diete incoraggiano un elevato consumo di alimenti a base vegetale e di nutrienti benefici per la salute cerebrale, come i polifenoli, i cereali integrali e gli acidi grassi Omega-3.

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I polifenoli, ad esempio, possono contribuire al benessere cognitivo migliorando il flusso sanguigno cerebrale, riducendo lo stress ossidativo e l’infiammazione neurale, e sostenendo la neurogenesi e la neuroplasticità. Inoltre, la dieta DASH può modulare lo stress ossidativo, l’infiammazione e la resistenza insulinica, tutti i fattori associati alle patologie dell’ADRD.

In sintesi, le diete MedD, DASH, MIND e MMKD dimostrano di avere effetti promettenti nella protezione del sistema nervoso e possono contribuire a ridurre il rischio di sviluppare ADRD e rallentarne la progressione. Tuttavia, è necessario condurre ulteriori studi per comprendere meglio i meccanismi sottostanti e sviluppare approcci olistici che considerino vari aspetti della salute generale e mentale degli individui.

Riguardo alla dieta chetogenica (KD), è importante notare che sta guadagnando sempre più attenzione nel mondo scientifico per i suoi potenziali benefici sulla salute cerebrale. Ricerche recenti hanno indicato che la KD, caratterizzata da un’elevata assunzione di grassi e una ridotta quantità di carboidrati, può stimolare la produzione di chetoni, fornendo una nuova fonte di energia al sistema nervoso centrale.

Gli studi hanno osservato che la KD induce uno stato simile agli effetti del digiuno, offrendo una protezione neurale alle cellule cerebrali. Ciò può avere effetti positivi sull’invecchiamento cerebrale, riducendo l’infiammazione derivante dallo stress e migliorando la funzione mitocondriale. I mitocondri svolgono un ruolo cruciale nel metabolismo energetico cerebrale e possono subire danni nelle patologie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Gli acidi grassi, in particolare l’acido β-idrossibutirrico, giocano un ruolo fondamentale nella regolazione metabolica dei neuroni. Studi precedenti hanno dimostrato l’efficacia delle diete chetogeniche nel trattamento di patologie come l’epilessia farmacoresistente. Tuttavia, ricerche recenti suggerite hanno che la KD potrebbe offrire benefici anche per altre condizioni legate a disturbi metabolici e infiammatori, tra cui la cefalea cronica e l’Alzheimer.

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È interessante notare che gli effetti dei chetoni coincidono con il sistema di neurotrasmissione del glutammato, coinvolto nell’insorgenza di ansia e depressione. Ciò suggerisce che la dieta chetogenica non agisce solo a livello metabolico e antinfiammatorio, ma può avere un impatto diretto sui neurotrasmettitori.

In sintesi, questa ricerca apre prospettive affascinanti per la comprensione delle basi fisiopatologiche delle malattie neurodegenerative e suggerisce che le diete chetogeniche potrebbero essere utili nel rallentare la progressione dell’Alzheimer e nel migliorare i sintomi specifici come ansia e depressione. Questa scoperta potrebbe rappresentare un importante passo avanti nella lotta contro le malattie neurodegenerative, anche se sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno il meccanismo d’azione della KD e valutarne l’efficacia su larga scala. La dieta chetogenica offre un nuovo orizzonte di ricerca e promette di essere una risorsa preziosa per la salvaguardia della salute cerebrale, aprendo così la strada verso nuovi sviluppi futuri.