Le malattie neurodegenerative costituiscono una sfida preoccupante per la salute pubblica su scala mondiale, secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Attualmente, oltre 50 milioni di individui in tutto il mondo sono colpiti da disturbi neurologici, con circa 10 milioni di nuove diagnosi di demenza stilate ogni anno. Il morbo di Alzheimer, una forma di malattia neurodegenerativa, rappresenta il 60-70% dei casi totali di demenza, afferma l’OMS.

L’invecchiamento della popolazione contribuisce in maniera significativa all’incremento delle malattie neurodegenerative. Secondo le stime dell’OMS, entro il 2050, il numero di persone affette da demenza potrebbe triplicare raggiungendo la cifra allarmante di 152 milioni. Questo prospetto enfatizza l’urgenza di adottare strategie preventive e terapeutiche efficaci per contrastare l’invecchiamento cerebrale e le patologie neurodegenerative.

Durante la sua partecipazione al G8 delle Diete Chetogeniche, il Professor Scapagnini ha illuminato il ruolo cruciale che la nutrizione può avere nella battaglia contro le malattie neurodegenerative. La dieta chetogenica induce uno stato metabolico chiamato chetosi, in cui il cervello si avvale dei corpi chetonici come fonte energetica alternativa al glucosio.

Le prove scientifiche raccolte suggeriscono che un’adeguata alimentazione, tra cui la dieta chetogenica, possa costituire una prospettiva promettente nel contrasto all’invecchiamento cerebrale e alle malattie neurodegenerative. Tuttavia, occorrono ulteriori ricerche per approfondire gli effetti ei meccanismi sottostanti di tale dieta sul cervello e sulla prevenzione delle patologie neurodegenerative.

Cherubino Di Lorenzo, intervenendo alla III Edizione del G8 delle Diete Chetogeniche a Roma, ha sottolineato che il cervello è l’organo che richiede la più alta quota di energia in assoluto. L’alimentazione assume pertanto un ruolo vitale nell’apportare non solo energia, ma anche micronutrienti essenziali che il cervello consuma in quantità rilevanti. Di Lorenzo ha evidenziato il carattere terapeutico, più che semplicemente dietetico, della dieta chetogenica, definendola una “terapia farmacologica interna” in cui l’intervento non si verifica dall’esterno ma dall’interno, mediante l’adattamento alimentare.

Leggi anche  Sarcopenia e Dieta Chetogenica: Un pregiudizio smentito dalla scienza

Gli effetti della chetosi, che comprendono proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e neuroplastiche, si sommano ai benefici derivanti da una dieta adeguata, arricchendo ulteriormente l’approccio proposto. Questa combinazione si dimostra particolarmente vantaggiosa in diverse patologie, dall’epilessia all’emicrania, dallo spettro autistico ai disturbi legati all’invecchiamento. Nata originariamente nel 1921 per trattare l’epilessia farmaco-resistente nei bambini, la dieta chetogenica si è dimostrata altrettanto efficace nel trattamento di altre affezioni. Di Lorenzo sottolinea un ulteriore aspetto positivo: la dieta chetogenica influisce sull’insulina, che oltre a essere un ormone, svolge anche un ruolo di neurotrasmettitore. Quando questo sistema è disregolato, si riflette negativamente sulla qualità della vita del paziente.

Insulina ed Alimentazione

Tra i numerosi aspetti intriganti della dieta chetogenica, si erge il suo impatto sulla regolazione dell’insulina, un ormone fondamentale nel controllo dei livelli di glucosio ematico. Il pancreas produce insulina che viene rilasciata nel flusso sanguigno in risposta all’assunzione di cibo, specialmente di carboidrati. Questo ormone abilita le cellule all’utilizzo del glucosio come fonte di energia e, allo stesso tempo, controlla il tenore di glucosio nel sangue.

Nei soggetti con diabete di tipo 2, l’organismo non riesce a rispondere adeguatamente all’insulina, causando elevati livelli di glucosio nel sangue. La dieta chetogenica si configura come un intervento positivo nel controllo del diabete di tipo 2, soprattutto grazie al suo influsso sulla regolazione insulinica.

Poiché la dieta chetogenica limita l’assunzione di carboidrati, riduce la necessità dell’organismo di secernere insulina. Questa ridotta produzione può migliorare la sensibilità insulinica, ottimizzando l’efficacia dell’insulina prodotta. Numerosi studi documentano che la dieta chetogenica concorre a ridurre i livelli insulinici a digiuno e a promuovere la sensibilità all’insulina. Questi risultati possono stabilizzare il tenore glicemico nel sangue e, a lungo termine, ridurre il rischio di complicazioni legate al diabete.

Leggi anche  La Chetosi, che cos'è e come funziona.

Tuttavia, è essenziale rammentare che sebbene la dieta chetogenica possa apportare benefici alla regolazione insulinica e al controllo del diabete, essa non è adatta a tutti e dovrebbe essere intrapresa sotto la supervisione di un professionista sanitario.