Negli ultimi decenni c’è stato un crescente interesse per la dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico (VLCKD) come intervento nutrizionale fattibile per la gestione dell’obesità che fornisce una significativa perdita di peso e un miglioramento delle malattie correlate all’obesità. Questa dieta è caratterizzata da un apporto di carboidrati molto basso (< 50 g/giorno). La restrizione dei carboidrati induce la lipolisi dei depositi di grasso e porta alla chetosi nutrizionale, modulando il microbioma intestinale e inducendo un effetto metabolico che stabilizza i livelli di glucosio e riduce al minimo il rilascio di insulina. I livelli circolanti di corpi chetonici, in particolare il B-idrossibutirrato (BHB), promuovono un effetto anoressizzante, riducendo l’appetito e l’assunzione di cibo, che è uno dei meccanismi che spiegano la tollerabilità e l’elevata aderenza a una dieta così restrittiva. Prove emergenti suggeriscono che le diete chetogeniche possono avere diverse applicazioni nel trattamento di numerose  malattie metaboliche. Tuttavia, l’entità della perdita di peso con una VLCKD varia notevolmente tra i pazienti e si suppone che alcuni fattori, inclusa la presenza di specifiche varianti genetiche, causino questa variabilità. Oltre a questa evidenza, mentre i predittori metabolici della riduzione del peso sono stati studiati per altri approcci terapeutici sullo stile di vita, nessuno studio ha studiato i predittori metabolici della perdita di peso dopo il trattamento con VLCKD. Attualmente infatti gli studi che esaminano i predittori della perdita di peso sono scarsi e nessuno ha studiato tali fattori durante il trattamento con VLCKD. Tra le molecole coinvolte nell’omeostasi energetica e, più specificamente, nei cambiamenti metabolici indotti dalle diete chetogeniche, il fattore di crescita dei fibroblasti 21 (FGF21) è un’epatochina dalla funzione ancora non chiara. 

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Abbiamo chiesto di questo studio e delle sue conclusioni alla Dottoressa Mikiko Watanabe dell’Università La Sapienza di Roma nonché firmataria del lavoro.

Dottoressa Watanabe cosa caratterizza questo studio?

In questo studio si è valutata la presenza di alcuni marcatori in termini di capacità predittiva di calo ponderale ottenuto con una dieta chetogenica mediante l’utilizzo di pasti sostitutivi. Noi sappiamo che ogni paziente risponde in maniera diversa ad ogni tipo di approccio dietetico per quanto le VLCKD siano dieta generalmente più efficaci rispetto ad altre anche qui c’è una variabilità da persona a persona. Quindi avere la possibilità di predire con un semplice prelievo ematico la possibile risposta a una determinata dieta è un vantaggio. In questo studio abbiamo valutato solo la VLCKD quindi non possiamo generalizzare, però quello che è stato osservato la capacità di perdere peso dipendeva dal sesso, dalla circonferenza vita e da questo marcatore che si chiama  FGF21.

Cosa avete notato?

Abbiamo notato che un paziente di sesso mascile con una circonferenza vita aumentata perdeva più peso rispetto ad una donna con una circonferenza vita inferiore, questo è un dato osservato già altrove che noi confermiamo. Un basso livello di FGF21 prediceva un calo ponderale maggiore. La FGF21 è un ormone prodotto dal fegato la cui funzione nell’uomo non è ancora ben chiara, sappiamo che aumenta in presenza di danno epatico, in caso di steatosi e che tende a ridursi quando questa situazione va migliorando come per esempio se la steatosi si riduce. Una possibile ipotesi tutta da dimostrare è che ci sia un quadro di FGF21 resistenza un pò come la resistenza  insulinica, una entità ipotizzata da Fischer ormai diversi anni fa. 

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Quindi un FGF21 più basso predice una salute metabolica migliore? 

Forse. Un FGF21 più basso forse predice una salute metabolica migliore, e forse rende più facile il calo ponderale. Tutto da dimostrare ovviamente. Peraltro da notare che l’aumento della circonferenza vita ci manda un pò nell’altra direzione poiché una circonferenza vita aumentata si associa ad un quadro metabolico peggiore. Ancora non è possibile tratte conclusioni definitive, ma questo marcatore potrebbe darci in futuro delle indicazioni utili da un punto di vista clinico che potrebbero aiutarci a scegliere il tipo di approccio dietetico più adatto ad ogni singolo paziente, verso una personalizzazione maggiore della medicina.