Minor fatica e un globale miglioramento della qualità della vita dei pazienti. Questi i primi risultati che arrivano dallo studio “Che Fatica” portato avanti all’Università degli studi di Udine sotto la supervisione della Professoressa Mariarosaria Valente.
Professoressa com’è nata l’idea di questo studio?
L’idea è stata mia, poichè da un paio di anni ho iniziato a seguire anche ambulatorialmente pazienti affetti da Sclerosi Multipla. Dai colloqui con i pazienti emergeva spesso la fatica come un sintomo importante, debilitante e difficilmente aggredibile e controllabile con la terapia farmacologica, che è invece molto efficace nella prevenzione delle ricadute e della progressione della malattia.
La Sclerosi multipla è una malattia infiammatoria in cui coesistono due tipi di infiammazione: una che talvolta si riacutizza e ed un’ altra di più basso grado, costante e subdola, che è responsabile della neurodegenerazione. I mitocondri, che rappresentano la centrale energetica delle cellule, sono in particolare alterati, non solo nel tessuto nervoso leso, ma anche in quello apparentemente normale.
In che modo questo quadro clinico può beneficiare di una dieta chetogenica?
La dieta chetogenica è innanzitutto una dieta antinfiammatoria che si presenta come un booster, come qualcosa che attiva, amplifica sia l’attività mitocondriale sia il livello energetico della cellula. La chetogenica si presenta inoltre come una strategia vincente e vantaggiosa nei pazienti sovrappeso o obesi affetti da sclerosi multipla attraverso la riduzione della massa grassa che è un vero e proprio serbatoio di citochine infiammatorie.
Nella somministrazione della dieta ci siamo avvalsi della collaborazione di una biologa nutrizionista che ha valutato attentamente la composizione corporea dei pazienti che sono stati successivamente seguiti con piano alimentare personalizzato.
Come è stata strutturata l’alimentazione dei pazienti?
La nutrizionista ha improntato una strategia nutrizionale su 5 pasti giornalieri con l’apporto di integratori multivitaminici e sali minerali. In questa parte del percorso abbiamo avuto un importante aiuto dall’azienda italiana New Penta che ha fornito gratuitamente ai pazienti dei pasti sostitutivi.
Qual è il vantaggio che avete rilevato nell’utilizzo di questi pasti sostitutivi?
Un vantaggio immenso sia per noi sia per i pazienti che hanno così eluso la complessità legata alla preparazione dei pasti, ma soprattutto hanno evitato l’eccesso proteico che può compromettere l’esito del percorso.
Quali sono i feedback che avete rilevato dai pazienti?
Diciamo che sui 15 pazienti reclutati, che ora stanno ultimando i 6 mesi di dieta è apparsa una condizione di minor stanchezza. Abbiamo utilizzato diverse scale e un approccio multifunzionale nel quale sono stati valutati anche l’umore, la depressione, le modificazioni neurofisiologiche e di risonanza magnetica funzionale, oltre a parametri legati all’aspetto dietetico come la distribuzione di massa grassa e massa magra.
Quindi minore stanchezza e una migliore qualità della vita.
Si. La chetosi dal punto di vista energetico si è rivelata favorevole per il controllo dei sintomi della malattia come la fatica, diventando così un potente alleato della terapia farmacologica modificante il decorso di malattia. Questo perché i corpi chetonici sono un carburante di eccellenza rispetto ai carboidrati che risultano meno efficienti e con maggiori scorie.
Quali saranno i passi successivi?
Continuiamo a reclutare pazienti per adesso, anche perché il nostro progetto prevede di raggiungere un numero più cospicuo di persone.
Per i pazienti che hanno già intrapreso il percorso alla fine della dieta si deciderà come transitare ad una dieta mediterranea a basso indice glicemico per ritornare eventualmente più avanti, quando ve ne fosse la necessità per un altro periodo sull’approccio chetogenico.