La Menopausa cambia la fisiologia del corpo.
Una persona sana, che fa sport e mangia in modo moderato e con varietà può comunque dover cambiare il proprio stile di vita a causa della nuova fase in cui è entrato il proprio corpo.
RIportiamo un articolo scritto dal nostro direttore, il Professor Giovanni Spera, che parla proprio della Menopausa e dei rischi di insorgenza della Sindrome Metabolica.
L’articolo scientifico prima individua la Sindrome Metabolica, facendo chiarezza su come individuarla e poi spiega perchè una donna in menopausa può e deve rivedere il proprio stile di vita per evitare l’accumulo di grassi addominali e l’insorgenza della Sindrome Metabolica, i cui effetti conclusivi sono diagnosi di obesità e di diabete di tipo 2.
—————
LA SINDROME METABOLICA
Definizione, gestione e concomitanza con la menopausa
PROF. GIOVANNI SPERA
Endocrinologo
La definizione di Sindrome Metabolica è relativamente abbastanza recente, è stata infatti coniata 15 anni fa grazie allo studio di un gruppo di cardiologi americani pubblicato poi sul Journal of the American Medical Association (JAMA. 2002 Jan 16;287,3:356-9 Ford E.F. et al.].)
L’articolo era di fatto la conclusione di un lungo iter di ricerche cliniche ed epidemiologiche aventi come obiettivo quello di valutare quanto ed in che modo le alterazioni di livelli circolanti del colesterolo LDL (quello più aggressivo in funzione arteriosclerosi) piuttosto che del colesterolo HDL (cosiddetto colesterolo buono, lo “spazzino dell’altro) e dei trigliceridi, potessero essere considerati fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.
Le conclusioni furono che in realtà il meccanismo d’innesco delle malattie cardio vascolari è molto vasto ed articolato e che il rischio non dipende solo dai livelli delle componenti lipidiche circolanti su base sia alimentare che genetica.
Un ruolo importante lo gioca anche lo stile di vita in senso lato con particolare riferimento alla riduzione dell’attività fisica e all’eccessiva assunzione di cibo col conseguente accumulo di tessuto adiposo, specialmente a livello addominale.
Altro fattore molto importante, tanto da essere considerato determinante, è la cosiddetta “resistenza insulinica”, ovvero la difficoltà da parte dell’organismo, non percepibile soggettivamente almeno inizialmente, di metabolizzare correttamente il glucosio. In pratica quando per i motivi più diversi, ma in genere per un po’ tutti quelli citati finora, si realizza tale condizione, l’insulina secreta dalle “insule” pancreatiche, che dovrebbe consentire l’ingresso e la funzione energetica del glucosio nelle cellule dell’organismo, non riesce più a svolgere il suo compito e viene prodotta in un inutile ed anzi dannoso eccesso.
Di conseguenza la glicemia si eleva e questa condizione, che perdurando porta al Diabete di 2° Tipo (non dipendente cioè dall’assenza d’insulina come nel 1° Tipo), è stata definita pertanto di “resistenza insulinica”, ma anche di pre-diabete.
La necessità di sintetizzare tali concetti e di trasformarli in uno schema comprensibile ed efficace in funzione di una possibile campagna universale di prevenzione delle malattie cardio circolatorie e con esse del loro più importante presupposto e cioè il diabete, è stata coniata la terminologia della Sindrome Metabolica.
La Sindrome Metabolica è da allora definita come una condizione (Sindrome etimologicamente non vuol dire Malattia) nella quale siano riscontrabili in un soggetto almeno tre indicatori / valori numerici su cinque di quelli identificati come fattori di rischio (rischio, presupposto, non patologia in atto) per le malattie cardio circolatorie e cioè l’arteriosclerosi, l’infarto del miocardio, l’ipertensione arteriosa, l’ictus, ecc.
I cinque parametri identificati per valutare il rischio di esposizione alle malattie cardiocircolatorie sono:
1. La glicemia a digiuno superiore a 110 mg/dl (la diagnosi di diabete prevede il superamento
del livello a digiuno di 126 mg/ml)
2. Livello di trigliceridi ematici superiore a 150 mg/dl
3. Livello di HDL (lipoproteine ad alta densità ovvero colesterolo “buono”) inferiore a 40
mg/dl nell’uomo ed a 50 mg/dl nella donna
4. Una pressione arteriosa con valori superiori a 130 mmHg per la massima e di 85 mmHg per
la minima (la diagnosi di ipertensione prevede il superamento di 140 e 90 mmHg
rispettivamente)
5. Una circonferenza addominale (misurata con una fettuccia da sarto direttamente sulla cute al livello fisiologico dell’ombelico) di 102 cm nell’umo e 88 cm nella donna.
Quest’ultimo parametro, target di eccessiva presenza di grasso cosiddetto “viscerale” è stato
considerato da studi successivi significativamente in grado di indurre, anche da solo, un importante rischio di patologie cardio circolatorie e diabete, tanto da essere stato in tempi successivi corretto dall’International Diabetes Federation (IDF) nei più severi limiti di 94 cm per l’uomo e 80 nella donna. L’IDF ha poi ridotto anche il livello massimo di glicemia a digiuno, per la definizione di Sindrome Metabolica, a 100 mg/dl.
La Sindrome Metabolica è stata ed è tuttora un’arma mediatica formidabile per tutte le campagne istituzionali di prevenzione “primaria”, di quelle campagne aventi come obiettivo principale, d’interesse sociale, salutistico, ma anche di economia globale, la prevenzione di quelle malattie, come il diabete e le cardio circolatorie, appunto, che hanno un alto impatto sulla salute e qualità di vita delle popolazioni ma anche, come tutte le tipiche malattie croniche, di notevolissimo peso economico per i bilanci sanitari nazionali. Dove per “primaria” si intende una prevenzione effettuata prima della comparsa di un qualunque indizio di una patologia, non la prevenzione di una ricaduta in una patologia già curata.
Con l’educazione ad un corretto stile di vita, unico reale ed efficace intervento proposto dagli esperti, è possibile ottenere il ridimensionamento dei parametri di rischio e di fatto impedire che una situazione di pre-malattia come la Sindrome Metabolica, evolva verso lo stato cronico e più difficilmente reversibile di vera e propria malattia.
Tutta la popolazione, maschile e femminile, è con l’età progressivamente a rischio di Sindrome Metabolica e lo è tanto più e tanto più precocemente quanto più si discosta da quelle regole comportamentali universalmente note come presupposto di vita sana e longeva.
Le regole sono in estrema sintesi condensabili in una costante, regolare, irrinunciabile attività fisica aerobica ed in una moderata ed equilibrata assunzione di alimenti di buona qualità.
Peraltro va tenuto presente che non sempre è facile assolvere questi semplici dettami.
Basti pensare alla difficoltà di alimentarsi sempre in maniera corretta, specie vivendo nell’ormai
invasivo ambiente “obesiogeno” del mondo occidentale, alle difficoltà legate all’età avanzata con concomitanti limitazioni funzionali invalidanti, ma anche a situazioni metaboliche peculiari
indipendenti dalla senescenza.
Tutte le donne, in un’età che oggi è da ritenersi assolutamente giovane, incorrono nella menopausa.
Il ruolo biologico finalistico di questo evento è quello di una sorta di protezione nei confronti dei rischi di ulteriori gravidanze ad un’età che il cronoprogramma genetico di tutte le donne ritiene irrevocabilmente ed immutabilmente non idonea. Ma se in molti casi il passaggio ad una fase di vita infertile risulta assolutamente indolore, in molti altri casi si manifesta con un improvviso crollo dei livelli di estrogeni di produzione ovarica e con ciò ad una drastica e drammatica modifica delle funzioni del metabolismo energetico.
Ebbene, in questi casi, accanto a possibili e note alterazioni del metabolismo osseo (osteoporosi), della cute e degli annessi cutanei (elasticità, microcircolo, sudorazione, peli e capelli, ecc.) del cervello (umore), bersagli della menopausa sono proprio tutti quegli aspetti del ricambio energetico rappresentati dagli indicatori di Sindrome Metabolica.
Le donne in menopausa meno fortunate vanno rapidamente incontro ad una più o meno evidente resistenza insulinica con conseguente incremento di accumulo di tessuto adiposo viscerale ed addominale, ad un aumento ponderale nonostante un comportamento alimentare e motorio non difforme dal solito, un’alterazione apparentemente ingiustificata dei parametri metabolici di laboratorio (colesterolo, trigliceridi, glicemia) e strumentali quali la pressione arteriosa.
Laddove non sia indicata o prevista o necessaria una terapia estrogenica sostitutiva, che comunque presuppone valutazioni ed approfondimenti clinici scrupolosi, tutti i segni di Sindrome Metabolica possono essere affrontati con una scelta di vita che comporterà fatalmente la modifica delle abitudini comportamentali, anche se ritenute fino a quel momento corrette, ovvero uno per uno con particolari accorgimenti fisici, alimentari ma anche nutraceutici e/o farmacologici se necessario.